Abitabilità mancante: legittimo parlare di inadempimento del venditore
Valido comunque il contratto. Possibile, però, per il compratore fare marcia indietro
Abitabilità (o agibilità) mancante: ciò non incide sul piano della validità del contratto, ma costituisce comunque un inadempimento del venditore.
Questo il punto fermo fissato dai giudici (ordinanza numero 19402 del 14 luglio 2025 della Cassazione) alla luce del contenzioso relativo alla contestata risoluzione di due contratti preliminari di vendita di immobili, risoluzione legata all’avere, secondo la parte venditrice, il promissario acquirente rifiutato ingiustificatamente e contro buonafede di stipulare il contratto definitivo.
Chiare le censure proposte dal venditore e poggiate sull’assunto che il rifiuto alla stipula del contratto definitivo di compravendita, opposto dalla parte acquirente, era ingiustificato in quanto l’immobile possedeva i requisiti sostanziali per ottenere il certificato di agibilità, la cui mancanza era addebitabile solo a ritardi burocratici del Comune.
Tale premessa trova però diretta smentita nei dati di fatto, poiché è documentalmente provata la circostanza che, alla data del secondo sopralluogo, non risultava ancora installata la caldaia, sicché gli immobili non solo erano di fatto non abitabili, ma erano sprovvisti di certificato di conformità degli impianti (certificato che logicamente non può che seguire la installazione degli impianti stessi) e conseguentemente di agibilità.
Questa visione è corretta, anche secondo i giudici di Cassazione, alla luce del principio secondo cui, in tema di contratto di compravendita immobiliare, la mancata consegna o il mancato rilascio del certificato di abitabilità (o agibilità) ovvero l’insussistenza delle condizioni perché tale certificato venga rilasciato, non incidono sul piano della validità del contratto, ma integrano un inadempimento del venditore, adducibile da parte del compratore in via di eccezione.